Il vetro temperato è il risultato di una intensa ricerca di laboratorio; la lavorazione consiste in un processo di riscaldamento e raffreddamento repentino che mediante un soffio d’aria porta il vetro da una temperatura di 600° ad una di 300°. Questo procedimento crea una compressione superficiale tale da aumentare la resistenza meccanica e termica del materiale rendendolo notevolmente più flessibile e più facilmente sottoponibili alle diverse sollecitazioni. In caso di rottura il vetro si frantuma in una moltitudine di piccoli frammenti non taglienti.
La verifica di una buona tempera,come previsto dalla norma UNI EN 12150, si può ottenere contando,in un quadrato da 5 cm x 5 cm, quanti frammenti si ottengono dopo la rottura; solitamente per un vetro di 6 mm circa una quarantina.
Un altro esempio di lavorazione del vetro in sicurezza è il vetro stratificato.
Questa tecnica consiste nell’assemblaggio di due o più lastre di vetro incollate tra loro grazie a specifici intercalari plastici di cui il più diffuso è il polivinilbutirrale detto PVB.
In caso di rottura, l’intercalare serve a trattenere i frammenti di vetro garantendo maggior resistenza e limitando il rischio di ferite da taglio. Il numero di lastre di vetro e di intercalari determina il livello di sicurezza.
Ad oggi per alcuni impieghi del vetro nell’edilizia strutturale è obbligatorio l’utilizzo del vetro temperato stratificato con altri vetri temperati di spessore variabile e opportuno a seconda delle dimensioni e del carico da sostenere.
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